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Anni randagi

11 giugno 2009

Nella casa aperta dopo mesi ci rimango lo stretto necessario: il tempo di infilare un costume da bagno, di prendere la sacca, il telo e un solare a protezione bassa, tanto  sono la figlia chiara di due nordafricani.

La casa al mare è il mio guscio di lumaca, un guscio che a volte lascio dietro di me con decisione: troppi volti, e parole, e voci. Le mie “voci di dentro”. Negli anni. E i miei anni iniziano ad essere una cifra. Sono così tanto affollata di ricordi che ho l’impressione di non avere più spazio per altro, in me.

E la polvere irrinunciabile della mia soffitta mentale mi accompagna mentre cammino verso la spiaggia. La stessa sulla quale mi portava mia madre quand’ero piccola e malaticcia, ma così vispa e ciarliera da diventare l’attrazione dei bagnanti. Ai tempi in cui i bagnanti erano poche decine.

Oggi sono sola quasi a perdita d’occhio. Temo l’arrivo della famiglia di ieri, e la compagnia che m’ha tenuto. Dopo un po’ d’attesa ho alzato l’indice al cielo, e mi sono infilata gli auricolari dell’ipod nelle orecchie.

Mio padre ha comprato dei fiori nuovi per il giardino, e so che li ha comprati per me. Ci teneva che li vedessi, ed io li ho addirittura fotografati. Queste oramai sono finezze in disuso, signore e signori. Queste sono perle da immortalare in tutti i sensi, perchè io sono una ragazzina di cinquant’anni, mia madre ne ha settantasette e mio padre dodici più di lei. E quando non ci saranno più sarò per forza di cose il pilastro unico di me stessa.

A loro devo tanto. A loro devo tutto. Tutto ed il suo contrario.

L’aria non è fina come nelle giornate di tramontana.Il vento di scirocco accarezza la pelle con le sue mani umide e un po’ sporche. Mani che sanno di risacca, di olio solare, di reti e corde per ormeggi.

Guardo dei bambini che giocano lontano.

Si avvicina un ragazzo di colore. Il decimo in un’ora, più o meno. Ha una luce, negli occhi, o così mi sembra. E’ indiano, si chiama Ashif Zaman (me l’ha scritto sulla moleskine) ma tutti lo conoscono come Prince. Mi dice che dalle sue parti molte donne si chiamano Nita. Chiede educatamente se può sedersi sul mio lettino. Parliamo del bene  e del male, un po’ in italiano un po’ in inglese. Parliamo di Dio e di Allah. Lui è credente, io sono quella che oramai conoscete, all inclusive.

Mi chiede se ho un uomo, e subito dopo si scusa per avermi posto una domanda del genere. Gli rispondo che non c’è problema, per la domanda, ma quando gli dico che sono sola fa finta di non credermi. ” Allora tu vieni con me”, e sorride, ed io sorrido di rimando perchè dichiara ventotto anni, ma a me sembra poco più grande di mio figlio.  E sorrido perchè quel quadretto che rappresentiamo in quel momento, Prince ed io, ha dell’irreale.

Bello è bello, come riescono ad esserlo certi indiani, e ha addosso un buon profumo. Ma a me viene da ridere dentro, come tutte le volte che qualcuno mi fa un complimento, o è troppo gentile con me. Il ragazzo è musulmano, quindi una divorziata di cinquant’anni (giuro, non ci voleva credere, e questo l’ho scritto per purissima vanità femminile) che in due pezzi fa ancora la sua santa figura deve apparirgli come una sorta di nave scuola.

Peccato che io sia l’esatto contrario, e che dia pochissima confidenza di un certo tipo. Alla fine Prince se ne va con l’ultima banconota da venti euro che mi era rimasta nel portafogli, data in cambio di un anello e di un braccialetto di acciaio. Mi regala un ciondolo, una piastrina con un geco, dicendo che mi porterà bene perchè sono bella e buona. Ed io, ogni volta che mi dicono cose del genere, penso che se non mi stanno prendendo per i fondelli  sono ciechi, pazzi o almeno scemi. Perchè va bene, non sono uno scorfano, ma la bellezza, spesso, è negli occhi di guarda. Per non parlare della bontà.

Agghindata come la madonna del Rosario mi avvio verso casa, dove mi aspettano i jeans, la borsa e i sandali di rappresentanza.

Dopotutto la solitudine è un limite, ma anche una risorsa.

Neffa – Passione

32 commenti leave one →
  1. 11 giugno 2009 01:13

    Ovvietà: la solitudine é una risorsa se scelta e non subita. Cmq tu tienila al collo quella collanina o ciondolo e vedi che succede. Non si sa mai, fusse che fusse la volta bona….

  2. testa bislacca permalink*
    11 giugno 2009 01:36

    Sai che c’è, Daniele? Che all’inizio magari la subisci, poi finisci per convincerti che va bene così. E te ne sei convinta al punto che molti ti trovano chiusa e raggelante.
    La collanina non la metto al collo perchè non è il mio genere, ma proverò a portarmela dietro: fosse la volta buona che sbanco al superenalotto.:-)

  3. 11 giugno 2009 08:15

    Post a dire poco bellissimo trasferito in parole con il tuo bel cuore che nutre il nulla, attende, brama d’essere. E’ un’amare “sterile”, come continuasse a versare in un vaso bucato,(non si riempie).
    Perchè amore vuole amore.

  4. 11 giugno 2009 09:17

    che bel post! che bell’incontro che per poco non diventa galante! 😉
    sarà poca cosa essere solleticati nella vanità, ma credo che faccia più piacere, man mano che si cresce … in una sensazione che acquisisce un valore esponenziale maggiore … anche se il back ground non è il massimo, anche se comunque sarà pieno di entrambe le cose, positive e negative, è sempre un bel traguardo… ed ogni anno lo è sempre di più… soprattutto se abbiamo la famiglia vicino.
    mio padre non ha fatto in tempo a vedermi sposata. ne sarebbe stato felicissimo. credo. da noi, al sud, dicono che se una si sposa, si sistema. io continuo a preferire un lavoro per sentirmi realizzata e più di quello che ho in nero non trovo.
    però, non so se sarebbe stato felice di vedermi sposare un uomo più grande … anche se è una brava persona …
    una giornata al sole, a rilassarsi su una spiaggia poco affollata, credo sia il posto più bello del mondo … per fortuna domani parto e ritorno il 23, ma ti lascio tanti post programmati… 😉
    a presto

    ^________^

  5. 11 giugno 2009 10:24

    “… la bellezza, spesso, è negli occhi di guarda”.
    Ben detto, Bisla. E la giornata di ieri è stata ricca di ammiratori galanti, quasi di un altro tempo. A cominciare dal papà, che ti ha “corteggiato” con quei fiori comperati solo per te: poche parole – spendono i padri – per dire alle loro “bambine” (ché ci vedranno sempre così, sinché i loro occhi non si chiuderanno) che siamo il grande amore della loro vita.
    Ed il giovin signore venuto da lontano che ti regala anche lui – oltre all’amuleto “magico” – quel corteggiamento discreto che scalda il cuore.
    Se anche tu, sorellina, provassi a guardarti allo specchio con quegli occhi, quegli che “vedono” la bellezza, saresti qui più spesso con post che profumano di sole, di mare e di olio solare. E l’afrore arriva anche a me. Un bacio, mia cara.

  6. testa bislacca permalink*
    11 giugno 2009 10:43

    Hai detto bene, Marco: il mio cuore nutre il nulla. Abbiamo tanti affetti, nella vita, ma in fin dei conti un cuore vorrebbe un altro cuore. Purtroppo a volte trovi cuori importanti, ma impossibili. E lì si, che cominci a riempire vasi bucati.
    Grazie per le tue parole sempre tanto care e gentili.

    No, Pupottina: quell’incontro “da spiaggia” non sarebbe mai potuto diventare un incontro galante. E’ vero che, a volte, essere notate quando ci si sente completamente prive di anima fa bene all’autostima, ma non si va oltre quello.
    Certo, se un ragazzo giovane nota una della mia età è pur sempre un fatto positivo (stranamente continuo ad essere notata soprattutto dai trenta/quarantenni), ma questa peculiarità è stata causa di una delusione che mi porterò dietro finchè avrò vita.
    Non sapevo che fossi meridionale anche tu. E mi spiace per tuo padre: per questo ammetto che almeno una fortuna l’ho avuta.
    Però, credimi, non ho mai pensato che il matrimonio fosse “la sistemazione”. Quando mi sposai credevo, più che altro, all’idea di un rifugio, ma ci sono rifugi che non riparano affatto. Oggi, più che mai, direi alle ragazze di pensare a realizzarsi professionalmente, tanto se l’amore deve arrivare arriva. Poi direi loro di non sposarsi. Per me è roba d’altri tempi, ormai.
    Buon viaggio e un abbraccio.

    Una delle cose che più mi piacciono di te è che riesci sempre a vedere il bello della vita, Bastian. Quindi i vasi di fiori del papà e le galanterie di un ragazzino sono pur sempre qualcosa. Sinceramente sono ancora troppo presa dai miei pensieri cupi, anche se sto cercando di non mostrare più la mia faccia scura quando vado in giro.
    A volte, guardandomi allo specchi, mi trovo ancora “commestibile”. “Ok”, mi dico subito dopo: “ma oramai a che mi serve”? E mi rispondo: “a star bene con me stessa”.
    Diciamo che, per adesso, mi faccio bastare quello che ho, e se un po’ di profumo di mare e olio solare arriva fino a te ne sono contenta.
    Un abbraccio, gemellina diversa.

  7. 11 giugno 2009 11:29

    Da questo post trapela tranquillità, come quando ti sdrai al sole e ti lasci abbracciare dai suoi caldi raggi.
    Ciao TB

  8. 11 giugno 2009 14:01

    Ho cominciato a rivalutare il mare quando ci sono andato per alcuni anni insieme a Cinzia. Non credo proprio che sarà più lo stesso.
    Ciao

  9. 11 giugno 2009 15:14

    hai ragione la solitudine a volte è una risorsa che si impara ad apprezzare pian piano.. come un vino che invecchiando diventa più buono..

  10. 11 giugno 2009 15:22

    sei una scrittrice straordinaria, non ci sono cazzi, italiani o indiani

  11. testa bislacca permalink*
    11 giugno 2009 15:53

    In qualche modo è così, Nadir. Molta gente sostiene che il mare renda nervosi. A me fa l’effetto contrario. Questione di iodio? 🙂
    Un abbraccio.

    Ti posso capire, Paolo, anche se, paradossalmente, io non riesco ad amare più il mare come prima perchè non sono mai riuscita ad andarci con “lui”. Quel lui che è uscito dalla mia vita e che non ha nessuna intenzione di rientrarci, se non come blando interlocutore.
    Certi distacchi, anche di altro genere, sono fratture dell’anima.
    Sursum corda, tuttavia.
    Ciao.

    Oramai lei ed io invecchiamo insieme, Inès. A volte mi sorprendo a scoprire degli strani parallelismi fra la vita di mia nonna (della quale porto il nome) e la mia. Nomen omen?

    Impo, ascolta. Io mi imbarazzo da morire, tantopiù che qui, e non lo scrivo tanto per scriverlo, lo scrittore sei tu. E, insomma, basta leggere il tuo blog.
    Ci siamo intesi? 😉
    Grazie, e un bacio.
    Però.

  12. 11 giugno 2009 16:46

    te l’ho già detto molte volte, ma voglio ripetertelo per associarmi ad impollinaire che mi è troppo simpatico : sono d’accordo con impollinaire, scrivi egregiamente!
    ;-)) bacio

  13. Zelda permalink
    11 giugno 2009 18:03

    mi piace questo post;c’è molta vita, dentro.Dolore, si’, ma anche altre cose.Molta vita.La tua.
    Un bacio

  14. 11 giugno 2009 18:09

    A momenti stavo per percepire il rumore della risacca e l’intonazione indiana del simpatico Prince, ma tu non hai indagato sul perchè di quel nomignolo? vuoi mai che non fosse l’occasione giusta. ;))

  15. fabio r permalink
    11 giugno 2009 18:11

    bellissima immagine, sono d’accordo. Sul ciondolo: beh, della serie non è vero ma ci credo.. che male fa tenerlo un po’?? magari passando ad un gratta e vinci.. chissà se Visnù ci da’ una mano

  16. testa bislacca permalink*
    11 giugno 2009 20:05

    Allora ammettiamo di aver formato un bel gruppetto, Maria Rosaria. 😉
    Un bacione.

    Molta vita sì, Zelda. A volte penso che sia anche troppa.

    Non ho indagato perchè non mi interessava, e poi non voglio passare per un’oca di mezza età, Gians. 🙂
    Dubito fortemente che potesse essere lui quello giusto. Se continuo ad abbassare il range mi toccherà fidanzarmi con un coetaneo di mio figlio. 😀

    Infatti ci sto pensando, Fabio: me lo appendo al collo e gioco una schedina. Perchè, sia chiaro, fra l’amore e i soldi oramai scelgo gli ultimi. Ok, anche il denaro finisce, ma almeno non si arriva mai ad intristirsi e a scrivere poesie per questo. 🙂

  17. 11 giugno 2009 20:08

    Due forme molto diverse tra loro di attenzione ma entrambe discrete e piacevoli.Goditele insieme al mare e al sole e cerca di scacciare i pensieri o ricordi tristi.Mi accodo volentieri:scrivi benissimo.

  18. testa bislacca permalink*
    11 giugno 2009 20:24

    Beh, grazie. A diventare una giornalista-poetessa-scrittrice non ce l’ho fatta (in realtà non ci mai provato), però oggi ho un blog.
    Mi godo la mia famiglia, Lanza, mi godo il mare e la tranquillità…
    Ma che sto dicendo?
    Io sono geneticamente incapace di godermi qualsiasi cosa.

  19. 11 giugno 2009 21:14

    …grazie per questo post…ho sentito i colori e i profumi invadermi gli occhi….

    bacio

  20. 11 giugno 2009 22:09

    quando tramonta (finalmente) il mito della “metà” (nel senso de “la mia metà”) si può andare verso la pienezza della propria vita, essere “uno” e non “metà”: quindi la solitudine è una risorsa, eccome, se interpretata come strumento di crescita e stato evoluto dell’essere umano (spero di essermi spiegato, sono piuttosto stracciato mentalmente in questo momento :D)

  21. 11 giugno 2009 22:31

    Bisla, che mai ci sarebbe di male, anzi così giovane, avrebbe più speranze di sopravvivere. :))

  22. 11 giugno 2009 22:43

    Bell’episodio,sull’oggetto portafortuna avrei delle perplessità, comunque ogni buon pensiero è sempre accetto!
    Buona serata a te.

  23. 11 giugno 2009 23:46

    All’indiano preferisco il tuo vecchio e gentilissimo padre che compra dei fiori per te. Ma è solo per gelosia 🙂

  24. 11 giugno 2009 23:58

    Rubacuori! 😀

  25. testa bislacca permalink*
    12 giugno 2009 00:41

    Grazie davvero, Blue. Dette da te, che hai una sensibilità particolare, queste parole sono una gioia.
    Un bacio.

    Ti sei spiegato perfettamente, Medita. Il mio mito della metà è tramontato da un bel pezzo, ma nello stesso tempo non riesco ancora ad affrancarmi dal peso e dalla metabolizzazione di certi “spondilo-ricordi” (binomio inesistente). Mi manca ancora un tratto di strada in salita: se ce la faccio ho vinto.

    Pensi che io sia un tritacarne, Gians, oppure pensi che a casa abbia un arsenale? 🙂

    Anch’io non credo agli amuleti, Maria. Quando il tipo me l’ha regalato dicendo:” così tu troverai uomo”, gli ho risposto, prosaicamente, “preferirei vincere al superenalotto”. Vuoi mettere? 😉

    Anch’io preferisco mio padre, Luciano. Poi mica c’è da essere gelosi dei ragazzini. :ppp

    Rubamazzetti!!
    Sai che non lo sono affatto, Andrea. 🙂

  26. 12 giugno 2009 07:13

    ciao Bisla, anche la solitudine come tutte le cose ha una doppia faccia, una buona e una meno buona. A volte non possiamo farci niente, altre volte si.
    Beh credo che un uomo che ti fa un complimento faccia sempre piacere no? e poi non aveva motivo di mentirti, soprattutto dopo che gli avevi già comprato qualcosa :). Secondo me prenditi il complimento e goditelo.
    ciao

  27. 12 giugno 2009 19:51

    Bisla cara, quello che penso è che spesso noi uomini si sia tanto superficiali, da con cogliere la vera bellezza delle donne. 🙂 Potrei essere ancora più diplomatico, ma questo credimi è quello che credo davvero.

  28. 12 giugno 2009 22:16

    è così come dicono anche gli altri prima di me! è davvero così bello leggerti! mi capita, molto spesso, di provar dolore o come in questo caso di ritrovarmi nei sentimenti che descrivi. No! al mare no! magari se è nuvoloso … e a latitudini ben al di sopra dei confini nordici dell’Italia!
    ci si legge cara TìBì!!!
    grazie
    Alessandra

  29. lavinia permalink
    13 giugno 2009 00:07

    L’altro giorno ho notato che se è una donna a dirti che sei bella, è molto meno difficile crederci.

  30. 13 giugno 2009 00:31

    Hai scritto una cosa bella e molto di pancia, TiBi.
    Tra i piaceri della solitudine annovero anche questa sensibilità verso incontri ed empatie di un attimo.
    Piccolo piacere che non ci si potrebbe mai permettere con un rapporto troppo ingombrante per la testa.

  31. 13 giugno 2009 06:22

    bello questo post, tbl. invidio un pochino chi vive al mare, che prende e scende in spiaggia…e se ne sta lì, disteso a fare niente, a leggere, a dormicchiare, a pensare, a guardare l’orizzonte e immaginarsi i pirati.

    noi , topolini di città, non abbiamo tutto questo : che una panchina dei giardinetti va bene se hai bambini o se sei vecchio o ubriaco. e poi mancano i pirati.

    stai bene ,tbl.

  32. testa bislacca permalink*
    13 giugno 2009 08:38

    E invece ha mentito, Ormoled, e dopo dirò perchè. Ma non è influente: sono cose che nemmeno lasciano l’ombra di un segno.
    In questi ultimi mesi di vita ho realizzato che morirò da sola. Come tanti, del resto.
    Buon sabato.

    Mah, Gians, forse tutti noi, uomini e donne, abbiamo peculiarità degnissime di considerazione. Però, e su questo ti do assolutamente ragione, tendenzialmente gli uomini sono molto più superficiali.

    Magri perchè descrivo sensazioni che proviamo tutti, Ale. Solo per questo. Io esterno qui quello che nella vita oramai mi tengo dentro.
    Ma il mare è bellissimo, ed io amo stare distesa al sole: mi rigenera, almeno fisicamente. E’ che siamo nate in posti molto diversi, ed ognuna si è abituata al suo.
    Un bacione, e buon fine settimana. 🙂

    Esatto, Lav. Quando me lo dice un uomo semplicemente non gli credo, cioè gli credo anche, ma penso che il complimento sia finalizzato. Ergo sono cortese, ma oltre il limite della buona educazione non si va. Dovrei conoscerlo benissimo, un essere umano di sesso maschile, per potergli credere. Ma siccome sono un’asociale, tengo preventivamente le distanze da certi argomenti.
    Ieri, mentre lasciavo la spiaggia, mi si avvicina un bengalese di una certa età, che magari è anche più giovane di me, ma si porta male gli anni. Inizia a dirmi che lui per primo non sopporta che sulla spiaggia passino almeno 50 “vucumprà” in una giornata, mentre prima ne arrivavano al massimo una decina. Gli rispondo che basta rispondere “no,grazie”, ma lui dice che io sono una donna gentile, che molti si incazzano perchè si sentono importunati, e lui li capisce. Quest’anno Idris (il bengalese si chiama così) dà una mano al lido, aprendo gli ombrelloni e facendo cose del genere. Ha detto che guadagna bene e che è contento, ma….
    “Ma?” gli chiedo.
    Allora lui dice di essere lontano dalla sua famiglia da otto anni, e che gli manca una donna. Quindi mi guarda con intenzione. Gli rispondo che non posso risolvere il suo problema, che sono sola anch’io ma che ormai accetto la cosa e basta. Si scusa subito e, siccome poco prima mi aveva regalato un braccialetto (che io non volevo accettare, e non per scortesia), mi prega di non pensare che con quel monile volesse comprarmi. Anzi, aggiunge, me l’ha regalato perchè spera mi porti bene.
    E allora ho capito di avere la sfiga dipinta in faccia.
    Ah, su Prince ha detto che è furbo e bugiardo, e di non credergli. Gli ho risposto che un pochino gli uomini li conosco, e che non c’è ragazzetto o uomo al mondo che, oramai, possa fregarmi, se non, al massimo, qualche euro.
    Lav, capisciammè che devo avere una faccia da jellata???

    Spesso scrivo di pancia, Rob, anche se nello stesso tempo è tutto molto ragionato.
    Non so cosa voglia dire avere un rapporto troppo ingombrante per la testa. Io ho una persona, cioè il ricordo di una persona, ma non altro. Però penso che se anche avessi un uomo accanto non mi negherei il piacere di parlare con la gente che vuole parlare con me (perchè io sono asociale). Certo, il ragazzino indiano non mi avrebbe fatto delle avance, ma alla fine è tutto relativo.
    Grazie, e buona giornata. 🙂

    Credimi, Minnie, il mare è l’unico elemento che salvo. Perchè mi rigenera, mi carica fisicamente. Perchè i raggi del sole sulla pelle hanno un effetto che, per noi depressi, funziona un po’ come la terapia della luce.
    Però, caro il mio topolino di città, finita l’estate torno nel mio paese di 25.000 anime, dove puoi solo deprimerti ulteriormente. In realtà io mi sento molto topo di città dentro, ma in città ci posso solo andare.Poi torno qui, dove non ci sono nemmeno i pirati. 😉
    Stai bene anche tu, Minnie.

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